Nuova Zelanda. 6. Farewells pit, Denniston Incline e ritorno a Christchurch
Nau mai haere mai piki mai kake mai nau mai ki tenei waahi tapu te punta waiora o te waikoropupu
Questa è la scritta che ci accoglie e ci dà il benvenuto nella zona delle sorgenti sacre (ai Maori) Te Waikoropupū, nelle vicinanze del Parco Abel Tasman, dall’acqua fresca e straordinariamente limpida e pulita, così trasparente che spiccano nettamente tutti i colori della vegetazione sul fondo.
Per salutare la zona e dire “addio”, facciamo una passeggiata nel Farewell Spit: una lunga e larga striscia di sabbia che di fatto è il punto più a nord dell’Isola del Sud. Dune, campi coltivati, sentieri sotto rami tortuosi e tanti animali per arrivare a uno spiaggione deserto, immenso e ventoso che fa perdere il senso delle misure.
Per tornare verso sud, a Christchurch, proseguendo il nostro viaggio sull’Isola del Sud in camper, seguiamo la costa ovest perché abbiamo puntato un sito storico un po’ particolare che vorremmo visitare, ma facciamo prima un passaggio a Takaka, una cittadina che sembra trasportata qui di peso dal Far West americano: bassi edifici di legno colorato con il tetto spiovente accostati a banche con tanto di colonne. Centro principale in cui far base per visitare la Golden Bay, ospita diverse gallerie d’arte, insegne bizzarre e muri dipinti.
Denniston è oggi poco più che un incrocio con un paio di case. A inizio 1900 però era un insediamento di minatori parecchio affollato, perché a poca distanza erano state scavate delle grandi miniere di carbone, con l’accesso dal largo altopiano affacciato sul mare. Dalle miniere, il carbone doveva in qualche modo essere trasportato a valle dalla Westport Colliery Company (poi W. Coal Company) fino alla ferrovia. Nel 1880 entrò in funzione lo spettacolare Denniston Incline: un tracciato su binari per carrelli che dal bordo del plateau seguiva la pendenza della montagna con un’inclinazione che in alcuni punti raggiungeva l’80%, a due sensi, sul quale i carrelli pieni che scendevano venivano bilanciati dai carrelli vuoti che salivano, collegati ad essi da carrucole e funi e rallentati da pistoni idraulici. Le rotaie erano divise in due sezioni e si sviluppavano su un totale di 1670 metri di lunghezza per coprire un dislivello di circa 500 metri.
E no, il sistema – seppur spettacolare – non era per niente sicuro. Tutto il tracciato è disseminato di carrelli semidistrutti, ma si trattava senza dubbio di un’opera ingegneristica notevole, che chiuse definitivamente negli anni 60 del ‘900, e attorno a cui si sviluppò il movimento sindacalista degli operai neozelandesi, anche a causa delle assurde condizioni di vita nel piccolo borgo. Un posto davvero interessante da visitare.
Poco più a sud ci fermiamo a vedere, a Punakaiki, le rocce “pancake”, una formazione rocciosa sicuramente ben valorizzata con tanto di sentieri e ponticelli (ma non vale il viaggio).
A questo punto dobbiamo attraversare il centro dell’Isola del Sud passando per l’Arthur’s Pass, e seguiamo strade di montagna facendo soste qua e là. Tra letti di fiumi, grotte, cime isolate e la catena montuosa delle Alpi Meridionali, troviamo anche qui dei fantastici punti dove sostare col camper. Parcheggiamo e dormiamo in riva ad un lago, come sempre quasi da soli, dove riusciamo a fotografare – da lontano – qualche uccello interessante (quello che poi in Italia scopriremo essere lo svasso maggiore, ad esempio, qui viene presentato come uccello rarissimo ed endemico…).
Sulla strada per Christchurch ci fermiamo in una zona nei dintorni di Castle Hill, perché avvistiamo un paesaggio che ci ricorda alcune scene delle galoppate di Aragorn e Legolas, con rocce dalle forme bizzarre e smussate. Visitiamo anche la Cave Stream Scenic Reserve, ma per vedere i tunnel scavati dai fiumi serve un po’ di attrezzatura da speleologi!
E infine torniamo a Christchurch per l’ultima manciata di giorni che ci rimangono. La città è grande e vivace, e per noi che abbiamo visto la distruzione de L’Aquila col terremoto del 2009 è ancora più impressionante. Tra il 2010 e il 2011 alcuni terremoti, oltre a causare decine di morti, hanno distrutto intere zone della città ed edifici pubblici. Quello che ci ha colpito è la vivacità anche delle aree circostanti i (veloci) cantieri sorti qua e là, e l’idea di utilizzare strutture temporanee come i container per costruire spazi pubblici allegri ed accoglienti (ospitano un mercatino, diversi bar, librerie, spazi per sostare e negozietti, opere d’arte e musicisti). Anche i cantieri non sono solo cantieri, perché sono arredati e vissuti, permettendo ai cittadini di tornare a visitare edifici pubblici puntellati, di colorarli e riempirli di vita.
In un negozio, tanto per non farci dimenticare che gli opossum sono cattivi e che qui li vogliono tutti sterminare, ecco dei fantastici cioccolatini “opossum spiaccicato” (ma perché non assaggiare anche quelli alla cacca del pukeko). Non fanno venire l’acquolina in bocca?
Da Christchurch parte il nostro volo per riportarci a casa, un viaggio di (mille) ore. Carichi di nostalgia, ci rendiamo conto che forse è la prima volta che, alla fine di un viaggio, non abbiamo proprio voglia di tornare. La scusa per rifarlo ce l’abbiamo, ci sono ancora troppe cose da vedere. Torneremo.
Haere ra!
Francesca Baliva
Viaggio meno di quanto vorrei. Ovunque vado, cerco animali e paesaggi mozzafiato. Creo colonne sonore e guido volentieri, soprattutto il camper e la bicicletta. Mi piacciono la pioggia, anche in bicicletta; le paludi, i paesini abbandonati, la montagna selvaggia, i vulcani ma soprattutto gli animali più strani. Sono in giro da sempre e cammino per chilometri. Mi piace scrivere l'essenziale e non molto di più.